Ecco un’intoduzione ai concetti fondamentali di lean manufacturing.

Il termine lean manufacturing, produzione snella o più in generale, pensiero snello, sta ad indicare una filosofia gestionale, che si basa sui principi introdotti alla fine della seconda Guerra Mondiale nel sistema produttivo Toyota ed adattati ai canoni produttivi e gestionali delle aziende europee ed americane.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’industria giapponese si trovava in uno stato di quasi totale assenza di risorse; questa mancanza, praticamente di qualsiasi cosa, fece da spinta per incrementare l’efficienza dei propri sistemi produttivi, più di quanto qualsiasi altro contesto industriale avesse mai fatto. In quell’occasione furono sviluppati dai manager delle industrie giapponesi (principalmente dalla Toyoda e Toyota delle tecniche per snellire i processi e perseguire la qualità totale nelle aziende.
Tale filosofia si basa sul concetto che il raggiungimento degli obiettivi aziendali (al centro dei quali c’è il cliente) deve essere ottenuto non solo in maniera snella, ma anche facendo in modo che tutte le componenti del processo debbano essere eccellenti lungo l’intera catena del valore, dunque portando al minimo spreco di risorse.

I princìpi essenziali lean sono tre:

  • focus sul cliente e sul flusso del valore (value stream);
  • eliminazione degli sprechi (muda hunting);
  • miglioramento continuo (continuous improvement);

tali concetti primitivi dell’approccio snello sono alla base dei cinque obiettivi operativi seguenti:

  • capire con precisione cos’è il valore per il cliente;
  • mappare il flusso delle attività, che aggregano progressivamente valore per il cliente;
  • vedere ed isolare gli sprechi, cioè tutte le dispersioni e le attività che non rientrano nel flusso del valore;
  • canalizzare e compattare tra loro le sole fasi a valore aggiunto in un flusso ininterrotto e regolare;
  • attivare il flusso di valore solo quando lo vuole il cliente secondo la logica pull.

Il procedimento operativo per il perseguimento di questi obiettivi è stato indicato dai due massimi specialisti occidentali in produzione snella James. P. Womack e Daniel T. Jones attraverso le seguenti fasi:

  • definizione del valore per il cliente;
  • identificazione del flusso del valore lungo la supply chain;
  • organizzazione della attività a flusso;
  • organizzazione delle attività in logica pull;
  • eliminazione totale degli sprechi.

Il primo punto si basa sull’individuazione nel prodotto e nel servizio ad esso correlato di ciò che è in grado di soddisfare i bisogni del cliente e di spingerlo. Tale attività di definizione del valore per il cliente presenta alcune criticità principalmente per il fatto che il valore viene attribuito dal cliente, ma viene prodotto dall’azienda manifatturiera, in quest’ottica appare chiaro come la distanza produttore-cliente debba essere inevitabilmente accorciata per una corretta e chiara visione del concetto di valore.
Una giusta definizione del valore riveste un’importanza fondamentale anche perchè si tratta del primo passo della trasformazione della fabbrica secondo i canoni della lean manufacturing; quindi degli errori in questa fase potrebbero compromettere anche le fasi successive vanificando il lavoro del team. Si correrebbe quindi il rischio di spendere del tempo e delle risorse per sforzarsi di migliorare dei processi, che non creano valore per il cliente e dunque vanno subito identificati come muda (sprechi).
La seconda fase consiste nell’identificazione del flusso del valore lungo la supply chain, ovvero l’attenzione si sposta dal prodotto e dal cliente al processo e al produttore. Tale mappatura consiste in una rappresentazione del processo produttivo interno, in prima analisi, ed esteso anche a fornitori e distributori, in seconda analisi con lo scopo di mettere in luce quali attività compongono l’intero flusso produttivo e le singole performance che permettono poi di discriminare tra attività a valore aggiunto ed attività non a valore aggiunto. Le attività che non creano valore aggiunto, verranno suddivise, in base al grado di difficoltà con cui possono essere eliminate, da quelle immediatamente eliminabili a quelle che richiedono una revisione radicale del prodotto o del processo.

Dopo aver definito il concetto di valore per il cliente ed identificate le attività che lo creano, occorre organizzarle in modo tale che scorrano e fluiscano senza soluzione di continuità. La soluzione di continuità è costituita da un’interruzione delle attività produttive, da un magazzino, da un deposito temporaneo o da attese a vario titolo che vanno classificate come sprechi.
In tale ottica è di enorme importanza pensare il processo come un flusso continuo di materiali, semilavorati e prodotti piuttosto che una sequenza di attività indipendenti ed autonome l’una dall’altra. Ancora una volta si evidenzia come lo scopo sia un’ottimizzazione globale piuttosto che un’ottimizzazione delle singole attività, che viene chiamata, appunto, sub-ottimizzazione. Scarti, non conformità e rilavorazioni sono anch’esse cause di interruzione e vanno eliminati. Vanno dunque individuate ed eliminate tutte le cause di discontinuità dello scorrimento del flusso, in primis magazzini intermedi e set-up troppo onerosi.
Via via che si eliminano le attività che il cliente non paga, si devono anche far fluire quelle che hanno valore: non fermarle ma velocizzarle..

Nicola S.

ingegnere industriale appassionato di digital management, logistica e produzione. Ha lavorato in diverse grandi aziende nei settori della logistica, oil&gas e della consulenza IT. Ha studiato presso l'Università di Trieste e presso la University of Technology di Sydney.

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