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Category: modelli di business (page 2 of 6)

La lista delle 200 migliori startup (secondo Europas)

Si terrà proprio questa sera a Berlino la European Tech’s Big Night Out, appuntamento dove i migliori startupper selezionati da una giuria di esperti potranno incontrare VC alla ricerca di idee da finanziare. Fino a qui niente di particolarmente innovativo, se non per il fatto che è stata pubblicata qualche giorno fa una lista delle migliori 200 startup, tra oltre 1000 che hanno partecipato alla selezione.

Europas logo

I progetti partecipanti sono stati suddivisi in 25 classi e per ciascuna sono state scelte una decina di startup. Le categorie sono:

Best Lightweight StartupBest Middleweight StartupBest Heavyweight StartupBest Transport, Travel or Environmental StartupBest Culture StartupBest Commerce, Finance or Payments StartupBest Education StartupBest Gaming or Social Games StartupBest Entertainment, Audio or Video StartupBest Social, Mobile or Apps StartupBest Business, Recruitment or Enterprise StartupBest Advertising or Marketing Tech StartupBest Recruitment and Jobs StartupBest Product StartupBest European Startup Accelerator/IncubatorBest Startup From Outside EuropeBest Startup Founder/Co-foundersBest Startup Advisor/Mentor of the YearBest Exit of the YearBest Service Provider to StartupsBest Angel or Seed Investor of the YearBest VC of the Year (Individual)Best VC of the Year (Company)Best Journalist of the YearRegional Awards

potete visionare le 200 top startup che sono state scelte accedendo a questa pagina.

Business model canvas, il modello di Ryanair

Dopo aver fatto alcune considerazioni sulla reputazione on-line di Ryanair, vediamo oggi quale è il suo modello di business…ovviamente utilizzando il business model canvas 🙂

Business Model Canvas Ryanair

Business Model Canvas Ryanair

Il canvas non ha bisogno di molti commenti, è evidente come la value proposition miri a fornire voli di qualità, puntualità e sicurezza standard puntando moltissimo sul prezzo basso del biglietto. La parte attività e risorse chiave sono quelle tipiche di ogni compagnia aerea, mentre è più ampia la parte legata ai partner, in particolare da quando il sito di Ryanair si sta trasformando da sito di vendita di biglietti aerei a portale destinato a chi viaggia, offrendo anche vari servizi non direttamente legati ai propri voli quali prenotazione alberghi/hotel oppure il noleggio di auto, passando anche per il servizio di parking in aeroporto.

Appare piuttosto limitato il numero di voci all’interno delle customer relationship, infatti in questo genere di servizi low cost è probabile che il cliente finale sia chiamato “ad arrangiarsi” ricorrendo ai call center solo in casi molto particolari. Per limitare i costi l’organizzazione punta molto sul “fai da te” e sul fatto che il cliente possa cercare e trovare le risposte a buona parte delle possibili domande sul sito ufficiale. Inoltre si deve considerae che chi usa questo tipo di trasporti molto spesso è un utente mediamente evoluto quindi accetta di documentarsi anche attraverso fonti non ufficiali quali forum e blog, diffficilmente è il classico cliente che entra in agenzia di viaggi per acquistare un servizio “chiavi in mano”.

Il segmento di mercato è molto ampio e si può parlare di mercato di massa. Va considerato che in questi anni il mercato obiettivo si sta notevolmente ampliando passando dai soli turisti low cost (quelli che gli anglosassoni chiamano backpacker) a business man ed intere famiglie giovani. Per questo ormai il segmento dei voli low cost è il principale competitor dei treni a lunga percorrenza, almeno in Italia.

La struttura dei costi è piuttosto semplice e comune a quella di qualsiasi compagnia aerea, mentre la struttura dei guadagni è basata essenzialmente su due voci. La vendita dei biglietti mira in buona sostanza a coprire i costi, mentre la vendita a (caro prezzo) di servizi extra (cibo e bevande a bordo, bagaglio fuori misura, …) si occupa di aumentare notevolmente le entrate. Merita di essere citato anche il numero piuttosto elevato di persone che, pur acquistando il biglietto a basso costo, per qualsiasi motivo non usufruiscono del viaggio, essendoci una politica piuttosto rigida sulle modifiche di orario e/o intestatario del biglietto, questi sono clienti che pagano pur non usufruendo del servizio.

Se siete ancora interessati al modello di business di Ryanair troverete sicuramente interessante questa infografica realizzata da Visual.ly.

Scrittura collaborativa di romanzi, con Phabule

Dopo aver parlato di varie startup americane, torniamo nel Bel Paese per vederne una italiana ed in rapida crescita.

La start-up in questione si chiama Phabule (http://www.phabule.com) e si basa su un’idea che è una via di mezzo tra la scrittura collettiva e la condivisione di foto. L’idea è molto semplice, ogni utente può scattare una foto, caricarla su Phabule e scrivere un capitolo di un racconto legato in quache modo alla fotografia caricata.

L’utente ha sia la possibilità di creare nuovi racconti sia quella (più interessante) di continuare un racconto già iniziato, dando il proprio contributo all’opera. Come spiegato nel video ogni incipit di racconto può essere sviluppato da più di un utente e sarà compito della community scegliere quale “ramificazione” sia la migliore individuando un vincitore tramite votazione.

Ecco un video che spiega le basi del progetto:

Chi frequenta il blog già da diverso tempo conosce il mio interesse verso tutti i progetti collaborativi (Wikipedia, Open Street Map, …) e può facilmente immaginare che la mia opinione su Phabule sia positiva!

Approfitto di queste ultime righe, prima di lasciarvi alla navigazione su Phabule, per porre l’attenzione su un trend di crescita sempre più marcata di progetti crowsourcing legati anche ad àmbiti artistici come la scrittura, il videoediting o la composizione di canzoni. Soltanto in Italia negli ultimi mesi ho visto almeno 3-4 startup legate alla scrittura collaborativa, tra quelli legati alla scrittura di romanzi Phabule mi è sembrato quello più promettente, considerando anche la giovane età della piattaforma attualmente on-line.

Visto il crescente interesse in questo settore è molto probabile che ritorneremo sull’argomento in uno dei prossimi articoli. Ricordo a tutti la disponibilità a segnalare nuovi progetti interessanti di cui parlare.

Betterworks, anche le startup con una buona idea falliscono (ogni tanto)

Oggi analizziamo la startup Betterworks che, pur basandosi su un’idea interessante ed avendo ottenuto un investimento da 10 milioni di dollari, ha chiuso i battenti questa primavera, dopo circa 2 anni di attività. Scopriamo quali sono stati i motivi della loro chiusura ma prima, ovviamente, vediamo quale era l’idea alla base della startup digitale.

Betterworks (Making Work Rewarding) è una società nata nella Silicon Valley verso la fine del 2010 da un’idea del founder Sizhao Yang unendo, in pratica, due idee di business già esistenti per crearne una nuova chimera. La prima idea base è quella dei gruppi di acquisto (da cui sono nate un numero imprecisato di startup, come per esempio Groupon) e quella, molto meno utilizzata, secondo cui un’azienda fornisce benefit di varia natura ai propri dipendenti per migliorarne il work-life balace ed ottenere di conseguenza un miglioramento dell’immagine aziendale ed una maggior soddisfazione dei dipendenti.

Dal lato operativo, il processo era piuttosto semplice, ovvero ogni utente (cioè ogni dipendente delle società partecipanti) aveva un profilo con cui accedere al sito di BetterWorks dove aveva un credito pagato quasi completamente da parte della azienda per cui lavora e spendibile per acquistare le offerte pubblicate. Le offerte comprendevano una ampia gamma di prodotti e servizi, coinvolgendo anche grosse catene come SubWay o Curves, elemento essenziale per un modello di business basato su una una multi sided platform.

Dopo una rapida sperimentazione dell’idea con gli early adopters, lo sviluppo dell’idea procedeva a buon regime, ottenendo due fondi di investimento per un totale di 10,5 milioni di dollari nei primi giorni di gennaio e febbraio 2011.

BetterWorks screenshot

BetterWorks screenshot

Nonosante una buona partenza ed un considerevole capitale di ventura, nel maggio 2012 il CEO e founder della società ha dovuto pubblicare la seguente lettera sul sito:

Thanks for being a supporter, and a user a of the BetterWorks platform.

We’re proud to have helped make work rewarding for your team and company. I’m writing to let you know that for business reasons, as of May 31st 2012 the BetterWorks perk platform will no longer be in service to customers. We’ve been unable to sustain a large enough market and have decided to close our doors. It’s been a privilege having you as a customer and I deeply apologize for any inconvenience this creates.

I motivi della chiusura (“business reasons”) sono stati legati essenzialmente ai costi troppo elevati in rapporto ai ricavi. Il mercato obiettivo della società erano aziende medio-piccole che, pur partecipando al programma, raramente riuscivano ad investire capitali elevati per offrire benefit ai propri dipendenti. Aziende più strutturate e con disponibilità economiche maggiori, invece, non avevano particolare interesse a partecipare il programma avendo probabilmente una figura aziendale delegata all’organizzazione dei benefit ai dipendenti ed un potere contrattuale nei confronti dei fornitori di servizi e prodotti sufficienti ad ottenere un buon prezzo anche senza intermediari.

Se analizziamo i costi è facile capire come questi possano essere stati effettivamente alti e spesso non direttamente proporzionali al numero di utenti iscritti al sito. Inoltre la dispersione degli utenti nel territorio non ha aiutato il lavoro degli oltre 50 dipendenti di BetterWorks dato che, perchè un business model legato ai gruppi di acquisto di prodotti tipo abbonamento in palestra, massaggi o sconti al supermercato abbia successo, è essenziale che i negozi e gli esercizi partner del progetto siano ubicati nei pressi degli utenti che devono beneficiare degli sconti.

Questa storia ha messo in luce due punti:

  • come un modello di business basato su una buona idea e con un capitale interessante, possa comunque fallire a causa di una scorretta valutazione iniziale dell’interesse economico nel suo sviluppo,
  • l’importanza di una corretta e reale valutazione di quali saranno i costi/ricavi una volta superata la fase embrionale del progetto.

Se vi state dispiacendo della fine del progetto non temete, c’è il lieto fine: Yang ha fondato MyMiniLife, che dopo essere stata acquistata da Zynga, ha sviluppato Farmville, noto gioco di farm per Facebook! …con quasi 83 milioni di giocatori al mese…

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