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Attivita’ a valore aggiunto: quante sono realmente?

L’analisi del flusso passa attraverso la classificazione dei diversi tipi di attività riscontrabili a seconda che queste possano portare del valore al prodotto o al servizio agli occhi del cliente finale.

Womack e Jones, a tal proposito, identificano tre tipologie di attività:

  1. attività che creano valore;
  2. attività che non creano valore, ma, stante le attuali tecnologie e impianti produttivi, sono inevitabili;
  3. attività che non creano valore e possono essere eliminate.

Secondo i precetti lean ovviamente solo le prime vanno mantenute. Le attività che non portano valore aggiunto al prodotto vanno eliminate poco alla volta mediante un processo di miglioramento continuo. La differenza tra la seconda e la terza categoria riguarda l’intensità dello sforzo richiesto per eliminarle, che è evidentemente maggiore nel secondo gruppo.

Questa non può però essere una giustificazione alla presenza di tali attività che vanno ridotte o eliminate definitivamente anche a fronte di un ripensamento radicale del prodotto o del processo che lo realizza.

Peter Hines, invece, classifica le attività che si possono trovare lungo il flusso produttivo in quattro categorie:

  • attività a valore, value-adding activity (VA): quelle attività che, agli occhi del consumatore, aumentano il valore del prodotto o servizio. Una attività a valore è facile da definire, basta chiedersi se il cliente sarebbe disposto a pagarla in modo esplicito;
  • attività a valore nel futuro, future value-adding activity (FVA): quelle attività che, agli occhi del consumatore, possono innalzare il valore del prodotto o del servizio in futuro;
  • attività di supporto, support activity (SA) oppure non value adding activity (NVA): quelle attività che, agli occhi del consumatore, non aggiungono valore, ma, a meno di drastici cambiamenti nei processi aziendali, sono necessarie. Queste attività non sono facilmente eliminabili nel breve periodo, diventano l’obiettivo per i piani di miglioramento di medio/lungo termine o per attività di grandi cambiamenti;
  • sprechi o attività non a valore, waste (W): tutte quelle attività che, agli occhi del cliente, non aggiungono valore al prodotto o al servizio e, anche allo stato attuale, non sono necessarie. Queste attività sono chiaramente degli sprechi e possono essere eliminate nel breve periodo.

Il prof. Hines fa un ulteriore passo avanti fornendo dei valori, sulla base della sua esperienza come direttore del Lean Enterprise Research Centre, relativamente a come sono solitamente distribuite queste attività nelle aziende manifatturiere:

  • 4% attività a valore,
  • 1% attività a valore nel futuro,
  • 35% attività di supporto
  • 60% spreco.

Distribuzione delle attività

Nicola S.

ingegnere industriale appassionato di digital management, logistica e produzione. Ha lavorato in diverse grandi aziende nei settori della logistica, oil&gas e della consulenza IT. Ha studiato presso l'Università di Trieste e presso la University of Technology di Sydney.

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1 Comment

  1. Interessantissimo articolo! Tra l’altro non conoscevo l’autore che hai citato nonostante abbia scritto molti articoli sulla lean production. In settimana vedrò di documentarmi!

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